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Che cosa significa il neologismo "Zuckerbrin" coniato dallo scrittore Viktor Pelevin?


La risposta alla domanda si trova nel romanzo stesso di Victor Pelevin "L'amore per i tre Zuckerbrin", dove il bibliotecario virtuale Borges cerca di spiegare al protagonista Kesha il significato della parola straniera nel titolo del libro:

Kesha realizzò che Zuckerbrin era un termine apparso nel primo decennio del ventunesimo secolo. Era formato dai nomi dei due titani dell'Internet di allora - Zuckerberg e Brin, e rappresentava un certo Osservatore metaforico - una specie di sorvegliante dietro gli schermi, che fissava l'utente attraverso la fotocamera abilitata di nascosto del tablet o del computer...

Nel campo visivo di Kesha cominciarono a comparire sovrapposte una sull'altra, come manifesti affissi su un piedistallo, le fotografie a colori dei giganti agli inizi dell'era digitale. Sotto ogni foto c'era una firma.

Sergey Brin, passeggiava lungo la passerella, indossando il primo modello dei Google Glass. Mark Zuckerberg in una toga romana (simile all'imperatore Augusto). Evgenij Kasperskij che portava al guinzaglio un giovane ghepardo.

"L'amore per i tre Zuckerbrin", Victor Pelevin

Il romanzo è uscito nel 2014, ma purtroppo non è stato ancora tradotto in italiano. I temi principali del libro colpiscono i punti più sensibili della vita contemporanea e spaziano tra Facebook, Google, Ucraina, la tolleranza, il consumismo, la dipendenza da Internet, l'informazione manipolata e il terrorismo. La realtà si intreccia in modo inaspettato con il mito antico e la virtualità. Le riflessioni filosofiche dei personaggi, ad esempio, passano sullo sfondo del popolare gioco Angry Birds. Victor Pelevin appartiene alla corrente letteraria del realismo magico e l'elemento fantastico gioca un ruolo importante nelle sue opere. Ogni immagine è una metafora e richiama tantissime associazioni. Il titolo del romanzo è un'evidente allusione alla commedia "L'amore delle tre melarance" di Carlo Gozzi.

Le leggende cristiane nei romanzi di Matilde Asensi


Secondo una leggenda generalmente ammessa dagli studiosi ecclesiastici, Santa Elena, madre di Costantino, scoprì la Vera Croce di Cristo nell'anno 326, durante un viaggio a Gerusalemme alla ricerca del Santo Sepolcro. Secondo la ben nota Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, quando l'imperatrice, che all'epoca aveva ottant'anni, giunse a Gerusalemme, fece mettere sotto tortura gli ebrei più saggi del Paese perché confessassero tutto ciò che sapevano del luogo in cui Cristo era stato crocifisso. Poco importava che fossero trascorsi tre secoli dalla morte di Gesù e che all'epoca nessuno vi avesse fatto caso. Ovviamente, Santa Elena non ebbe difficoltà a strappare loro le informazioni. Fu condotta al presunto Golgota, il Monte del Calvario (in realtà, a tutt'oggi non ancora identificato con sicurezza da parte degli archeologi), dove un paio di secoli prima l'imperatore Adriano aveva fatto erigere un tempio dedicato a Venere. L'imperatrice diede ordine di abbatterlo e di scavare il terreno. Furono trovate tre croci: quella di Gesù, naturalmente, e quelle dei due ladroni. Per scoprire quale delle tre fosse la Croce del Salvatore, Santa Elena ordinò che le fosse portato un uomo morto. Quando il cadavere fu posto sulla Vera Croce, l'uomo resuscitò. Dopo questo lieto evento, l'imperatrice e suo figlio fecero costruire sul luogo del ritrovamento una sontuosa basilica, la cosiddetta basilica del Santo Sepolcro, in cui custodirono la reliquia. Da questa, nel corso dei secoli, provengono i numerosi frammenti che oggi si trovano in tutto il mondo.

L’ultimo Catone, Matilde Asensi

Nel suo best-seller "L'Ultimo Catone" Matilde Asensi fonde la leggenda della Vera Croce in una narrazione avvincente che spazia tra il passato e il presente. I personaggi del libro compiono un viaggio di ricerca e di espiazione, che li porterà a scoprire come arrivare al Santo Legno e alla setta che dal IV Secolo si sarebbe presa il compito di conservarlo e proteggerlo.

Ethel Lina White – una scrittrice di gialli psicologici


Scrittrice oggi poco conosciuta, si dedicò al romanzo giallo e pubblicò nello stesso periodo di Agatha Christie, come lei inglese. I suoi romanzi si prestano bene ad essere trasposti in pellicola per la loro trama che è quasi una sceneggiatura.

Già nel 1938 Alfred Hitchcock realizza ”la Signora Scomparsa – The Lady Vanishes” da una sua opera del 1936 "La signora scompare", in cui il regista si ritaglia una brevissima apparizione come passeggero del treno nel quale si svolge l’azione. Nel 1979 lo stesso soggetto sarà ripreso, con lo stesso titolo, da Anthony Page con, come protagonista femminile, una giovane Angela Lansbury.


Nel 1946 ad opera di Robert Siodmark viene realizzato il film “La Scala a Chiocciola – The Spiral Staircase” liberamente ispirato al libro "La scala a chiocciola" del 1933.

I libri di Ethel Lina White sono stati pubblicati in Italia da Mondatori nelle edizioni “I Classici del Giallo” e “Il Giallo Economico Classico”.
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